Nemo profeta in patria

Inserire una figura con esperienza pregressa, che sia un  impiegato/operario, un lean specialist, o un lean manager di alto profilo, può sicuramente portare dei vantaggi all’organizzazione. Ovviamente in base a inquadramento e mansione, l’effetto positivo di personale già coinvolto nelle dinamiche di miglioramento continuo avrà ricadute di dimensioni diverse. Con la giusta sponsorship e la giusta esperienza la strada per partire sarà sicuramente in salita, ma meno pendente; ci sono alcuni difetti e minacce che possono però incidere soprattutto nella tempestività con cui si ottengono i risultati.

  1. Il personale interno spesso è condizionato da gerarchie e dal potersi muovere in libertà tra le funzioni aziendali; infatti, molte aziende sono organizzate a silos, ciascuno con perimetri e competenze: ciò comporta un limite per chi è concentrato sul flusso del valore, che inevitabilmente valica i confini funzionali. Spesso questo si traduce nell’essere limitati anche nel generare risultati per l’organizzazione e quindi nel non poter scaricare a terra, nel bilancio, risultati significativi. Lavorare a “macchia d’olio” e contaminare con la cultura lean i colleghi e l’organizzazione è una missione che implica tempo e costi; non sempre l’azienda può permettersi di gestirli. 
  2. Scegliere la persona giusta per gestire il cambiamento non è facile, poiché per selezionare una figura competente serve un certo grado di competenza. Le skills del candidato perfetto sono di difficile configurazione: occorre un profilo che sia molto tecnico e che abbia importanti capacità empatiche con una visione d’insieme e con grande capacità di sintesi. 
  3. Un altro tema tanto spinoso quanto discusso è la resistenza al cambiamento, inevitabile in tutti i tentativi di miglioramento. Spesso le persone tendono a riversare sull’ agente del cambiamento la frustrazione che si genera quando si esce dalla propria zona di comfort; il malcapitato passa da divenire soggetto facilitatore a capro espiatorio di tutti i mali. Per questo motivo – spesso capita – le figure interne che vivono quotidianamente questo fenomeno di attribuzione delle colpe sono le stesse a vivere con frustrazione il proprio lavoro, quindi perdono di efficacia. Le conseguenze più drammatiche per il business sono scontate: si è investito in personale senza benefici e con un potenziale non sfruttato. Anche in questo caso la flessibilità di una società di consulenza ha i suoi vantaggi, tra cui la possibilità di aumentare o diminuire intensità o frequenza dell’intervento e quella di poter disporre di figure che siano iper specializzate o, come nel caso di Inproov, multidisciplinari.

 

Il modello Inproov: processo per il cambiamento

 

Nelle casistiche affrontate in diversi settori, riscontriamo che imprenditori e manager sentono la necessità di un consulto esterno prima di partire con importanti progetti di ristrutturazione. Infatti è fondamentale seguire un processo che garantisca la migliore efficacia ed efficienza per intraprendere un percorso di trasformazione snella dell’azienda.

Secondo l’osservatorio di Assoconsult dell’ultimo biennio, sempre più aziende si sono rivolte a società di consulenza per la gestione del cambiamento e della strategia aziendale, con un aumento del valore venduto previsto del 9,7% nel 2022; questo trend positivo è indicativo della fiducia verso questa categoria professionale. Scegliere un esperto “esterno” all’azienda è una strada sempre più battuta, tuttavia, per evitare che questi si sostituisca al miglioramento collettivo e funga da Deus ex machina, è opportuno seguire un processo anziché la sensazione.

La nostra esperienza conferma che per garantire i risultati attesi è fondamentale rispettare alcune fasi di sviluppo, ciascuna con i propri input e output, dei tempi, degli indicatori e degli obiettivi SMART. La nostra proposta si struttura attraverso un approccio analitico che dal macro scende al micro dettaglio, con un forte focus sulle cause di perdita economico-finanziarie per il cliente.

 

 

Solo partendo da un assessment sviluppiamo una diagnosi e la trasformiamo in cura, in un progetto su cui possiamo fare una stima di costi e benefici prima di agire

Questo processo è allineato alla logica PDCA per la quale prima di “fare” viene il “ragionare”, ed è un ragionare in ottica di importanza basata sul bilancio aziendale piuttosto che sulle sensazioni. 

A volte capita di essere spinti dall’istinto e poi scoprire che i problemi sono altrove, e spesso senza l’intervento e l’aiuto esterno non siamo in grado di accorgercene. Si spendono energie e tempo in attività di cui poi possiamo anche essere soddisfatti, ma che non sono né rilevanti né risolvono alla radice i problemi del business.

In conclusione, la scelta di intervenire solo in seguito a un’analisi esterna approfondita e oggettiva implica il rivolgersi a un consulente; ciò non esclude in una seconda fase, talvolta in quella attuativa del progetto, l’inserimento di una figura interna.

 

 

Fabio Raoni Trombetta

Immagine di istockphoto

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